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Moro, Simone.

Guida alpina e alpinista italiano. Iniziata la carriera di alpinista nel 1980 insieme a suo padre, dal 1981 cominciò ad arrampicare da primo sul Medale, in Grigna e sulle Dolomiti con Alberto Consonni, suo secondo maestro. Nel 1983 conobbe Bruno Tassi "Camos", che lo introdusse nel mondo dell'arrampicata sportiva (le cui regole, diversamente dall'alpinismo, prevedono anche che si possa "volare") e lo spinse a partecipare alla gara di Bardonecchia (1984), cui sarebbero seguite molte altre competizioni. Nel 1988 entrò a far parte della Nazionale italiana F.A.S.I. di arrampicata sportiva, della quale fu allenatore dal 1992 al 1996. Già in quegli anni M. effettuò numerosi itinerari di arrampicata sportiva di difficoltà vicine al 10° superiore su pareti alpine; avrebbe mantenuto tale livello tecnico anche negli anni successivi, nonostante la radicale scelta di dedicarsi all’alta quota e alle difficili salite su cascate di ghiaccio. Cresciuto alpinisticamente in Italia, tra le Prealpi e le Alpi, nel 1992 M. attuò la prima impresa nell'Himalaya, con la spedizione medico-scientifica del CNR all'Everest. Realizzò quindi spedizioni alpinistiche sulle grandi montagne della terra, nell'Himalaya, nelle Ande, in Patagonia, in Antartide, nel Pamir. Tra le ascensioni più importanti citiamo quella all’Aconcagua (1993) in invernale, durante la quale segnò il record di velocità d'ascensione (13 ore); al Cerro Mirador (1993), sempre in invernale, dove aprì una nuova via sulla parete Nord; al Lhotse (1994, 1997); allo Shisha Pangma (1996), in tempo record (27 ore tra andata e ritorno utilizzando anche gli sci); al Fitz Roy (1996) in invernale, dove segnò il record di salita (25 ore tra andata e ritorno); al Dhaulagiri (1996); alle quattro montagne di oltre 7.000 m della Russia (1999) - Pik Lenin, Pik Korjenevska, Pik Kommunism, Pik Khan Tengri - in soli 33 giorni (record); all'Everest (2000, 2002); al Cho Oyu (2002); al Vinson Massif (2002), la cima principale del Polo Sud; al Broad Peak (2003); al Nanga Parbat (2003), dove aprì una nuova via pur non raggiungendo la vetta; al Khali Himal (2004), dove aprì una nuova via sulla parete Nord; ancora allo Shisha Pangma (2005), prima invernale; all'Everest (2006), prima traversata in solitaria da Sud a Nord. Nel 1997, durante la salita in invernale all'Annapurna dalla parete Sud, M. e il fortissimo alpinista russo Anatolij Bukreev furono travolti da una valanga. Soppravvissuto per miracolo, M. fu profondamente segnato dalla morte dell'amico, tanto che volle dedicare a questa tragedia il libro Cometa sull'Annapurna (2003). Nel 2001 abbandonò la salita in successione del Lhotse e dell'Everest per salvare la vita al giovane scalatore inglese Tom Moores. Questo gesto gli valse numerosi riconoscimenti internazionali, tra cui il Fair Play Pierre de Cubertin Tropy dall'UNESCO, la Medaglia d'Oro al Valor civile dal presidente della Repubblica Ciampi e il premio Sowles Award a Salt Lake City (2003). Nel 2003 M. si laureò in Scienze motorie con una tesi dal titolo Alpinismo a quote estreme. Considerato uno dei più forti alpinisti del mondo, annovera nel suo curriculum l'apertura di nuove vie, l'attuazione di numerose "prime" invernali, di ascensioni in solitaria, il superamento in roccia di itinerari di difficoltà 8b a oltre 8.000 m di quota senza ossigeno (che richiede qualità tecniche mai possedute da nessuno, prima di lui), il superamento di molti record di ascensione in velocità. Insieme a Reinhold Messner è attualmente l'unico italiano ad avere salito l'Everest per due volte e dai due versanti opposti (n. Bergamo 1967).